Addio a Robert Goossens, disegnò i gioielli per Chanel

Il suo nome ai più dirà poco, ma le sue creazioni sono entrate nella storia: monili preziosi e raffinati, collane realizzate con cristalli di rocca, bangles dalle suggestioni antiche, e, ancora, spille a forma di croci bizantine. Preziose, sofisticate, dall’inestimabile valore e dal gusto inimitabile, le creazioni realizzate da Robert Goossens hanno impreziosito per oltre mezzo secolo le collezioni di moda di nomi del calibro di Chanel, Madame Grès, Schiaparelli, Yves Saint LaurentRochas, Balenciaga, Dior. Il grande creatore di gioielli è scomparso a Parigi lo scorso 7 gennaio, all’età di 88 anni.

Nato nel 1927 in una famiglia modesta, suo padre lavorava in una fonderia. Fin da giovanissimo, Robert sviluppò un amore viscerale per le pietre preziose. La sua carriera iniziò a soli 15 anni come apprendista orafo, creando piccoli oggetti per le grandi gioiellerie di Parigi.

Questa familiarità con le pietre preziose sarà più avanti il motore della sua carriera: la sua particolare attitudine lo spingerà infatti a mixare con gusto ed un’eleganza senza pari pietre preziose a pezzi di bigiotteria, pietre artificiali a gemme preziose. Raffinato artigiano dall’incommensurabile sensibilità estetica, Robert Goossens è stato uno dei nomi più importanti nel design di gioielli del XX secolo.

Lily Donaldson in tailleur Chanel e gioielli Goossens, foto di Steven Meisel, Vogue, maggio 2005
Lily Donaldson in tailleur Chanel e gioielli Goossens, foto di Steven Meisel, Vogue, maggio 2005
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Mademoiselle Chanel con gioielli Goossesn ritratta da Henri Cartier-Bresson nel 1964

Croce bizantina realizzata da Goossens per Chanel
Croce bizantina realizzata da Goossens per Chanel


Un’estetica ricercata che traeva ispirazione dai dipinti che Robert aveva visto nei musei parigini, ma anche da opere del Rinascimento e da altre culture, in primis Bisanzio e i suoi mosaici preziosi. Pioniere iconoclasta, viaggiò moltissimo nel corso della sua vita, portando con sé ametisti, zaffiri, rubini, coralli, cristalli di roccia e quarzo, che poi modellò in pezzi di alta gioielleria, insieme al bronzo, alle perle e persino alle conchiglie. Orecchini pendenti, bracciali rigidi, bangles, ma anche collane e girocolli, spille e piccoli dettagli forgiati con una classe rara, che attingeva a culture e popoli lontani. Le creazioni di Goossens fanno sognare e ci trasportano in una dimensione onirica, in cui il lusso è solo una delle numerose sfaccettature di un’arte unica.

Dall’età di 25 anni il suo lavoro iniziò ad essere apprezzato dalle case di moda, e Cristóbal Balenciaga fu il primo a commissionargli un lavoro, ossia la realizzazione di una croce di cristallo di ispirazione bizantina, per una sfilata di haute couture. Nel 1953 inizia il sodalizio con Chanel. Mademoiselle Coco adorava l’arte del maestro orafo, a cui chiese di realizzare i gioielli per molte delle sue collezioni, oltre che mobili e pezzi di antiquariato per la sua casa. Spiccano gli smeraldi e le croci bizantine, oltre ai celebri bangles, nel curioso mix tra pietre preziose e bigiotteria adorato da Gabrielle. Goossens collaborò con la maison fino alla scomparsa della sua creatrice, per poi lavorare con Karl Lagerfeld nel corso degli anni Ottanta e Novanta, sia per le collezione di prêt-à-porter che per quelle di haute couture. Il marchio Chanel acquistò la compagnia di Gossens lo scorso 2005.

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Un ritratto del maestro Goossens
Orecchini realizzati per Yves Saint Laurent
Orecchini realizzati per Yves Saint Laurent

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Le creazioni di Goossens hanno impreziosito le collezioni di numerose case di moda, da Madame Grès a Schiaparelli


Definito “Monsieur Bijou”, dagli anni Settanta iniziò un nuovo prolifico sodalizio artistico con monsieur Yves Saint Laurent, per cui, su consiglio di Loulou de la Falaise, creò collezioni di ispirazione africana. Per la maison francese Goossens realizzò di tutto, dalle trousse per la linea di make up fino alle boccette di profumo in edizione limitata. La collaborazione con Saint Laurent durò fino al 2002, quando la maison chiuse con l’alta moda. Lo showroom Goossens è ubicato in Avenue George V, una delle vie più eleganti di Parigi. Alcune delle creazioni del maestro fanno oggi parte delle collezioni del Muséè des Arts Décoratifs di Parigi. Il maestro lascia due figli e una lunga tradizione nel design di gioielli.

Mi chiamo Vivian Maier e questa è la mia storia

Mi chiamo Vivian Maier, sono nata a New York il 1º febbraio 1926. Mio padre Charles Maier aveva origini austriache, mia madre, Maria Jaussaud, francesi. I miei genitori si conobbero proprio a New York, papà lavorava in una drogheria, mamma era da poco giunta in America, avendo lasciato Saint-Julien-en-Champsaur. Si sposarono nel 1919, un giorno di un piacevole maggio e nel 1920 nacque mio fratello William Charles, a cui diedero, sei anni dopo, una sorella, Vivian. Io. 


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Poi i miei decisero di lasciarsi e non ne ho mai compreso il motivo, il senso di una famiglia è stare insieme. Unita. Per sempre. Invece William andò dai nonni, io rimasi con mamma e insieme trovammo ospitalità nel Bronx, da una sua amica, Jeanne Bertrand, francese anche lei. Jeanne era fotografa per professione e quell’incontro fu per me determinante: mi trasmise la sua passione, che finì per divenire anche la mia. Noi tre, insieme, andammo in Francia, tornammo dove mamma era nata. Lì trascorsi un bel pezzo di vita, la mia infanzia “consapevole”, lì giocavo con le altre bambine, lì parlavo la loro lingua. Ma poi mamma decise di tornare a New York, prendemmo una nave enorme e per giorni le onde ci cullarono, alleviando la tristezza. Ancora una volta radici che venivano sradicate. Io poi ci andai ancora in Francia, una volta a 24 anni, forse 25. Mi era stata lasciata in eredità qualcosa di cui non ricordo, ma era molto importante che la vendessi. Quei giorni mi servirono per “amare” ancora quella terra e un pezzo di famiglia che abitava sempre lì.



Ebbene, raggiunsi New York nel 1951, e con il mio gruzzolo acquistai una Rolleiflex, una macchina fotografica eccezionale. Avevo urgenza di immortalare cose, persone, luoghi. Quindi mi spostai nel Nordamerica. Dovevo viaggiare,  dovevo conoscere. Lo feci, nulla mi rendeva più viva. Ma avevo bisogno di soldi, la fotografia era la mia fiamma, ma non il mio cibo. Allora raggiunsi Chicago e qui fui assunta dai coniugi Gensburg come bambinaia, dovevo badare ai loro tre ragazzi, John, Lane e Matthew. Lane mi adorava, le sembravo una tata magica. E in effetti, io compivo qualcosa di magico, in un piccolo bagno della loro casa, che era divenuto per me un luogo prezioso: sviluppavo le mie foto. Quegli anni furono prolifici; andavo nei parchi coi “miei” bambini e scattavo, passeggiavo per le strade e scattavo, andavo a fare la spesa, a svolgere delle commissioni, andavo a pensare, andavo a leggere e scattavo. Una volta, ero sull’autobus, guardavo fuori dal finestrino e d’un tratto vidi una donna di una bellezza sofisticata, portava una collana di perle, aveva delle sopracciglia perfette per un volto perfetto, indossava un soprabito elegante, guardava in un punto, ma sembrava fosse persa. Rubai quello sguardo.


Port Street


Un altro giorno, invece, ero diretta al mercato della frutta, avevo davvero voglia di frutta… ma mentre camminavo mi superò una coppia, lui portava una cintura in pelle intrecciata, lei era vestita all’ultima moda… un abito a righe, la vita segnata, un bracciale. Ad un tratto lui le prese la mano. Quel gesto mi toccò, mi rapì, lo desideravo. Forse per me. Allora lo volli, me lo portai a casa. E mi dimenticai della frutta.


New York, 1954


Ma riecco la brama di luoghi sconosciuti… L’avevo messa a tacere nel frattempo, ora chiedeva di essere soddisfatta. Di nuovo. Era il 1959. Dissi ai Gensburg che avrei dovuto lasciare Chicago per qualche mese, forse accennai loro di una parente ammalata, in Francia… non so. Di certo non avrebbero potuto capire… Comunque ci sarei andata in Francia, certo, ma prima visitai le Filippine, la Thailandia, lo Yemen, l’India, l’Egitto. Fu meraviglioso. Culture a me ignote, popoli lontani, mari e foreste e templi e storie. Dio mio, quanta bellezza. Quando tornai a Chicago, lavorai ancora per i Gensburg, ma presto i miei bambini furono adulti e non ebbero più bisogno di me. Separazione. Mia mamma morì nel ’75. Separazione. Ero sola. Perché i legami importanti finiscono. Sempre. Sopraggiunge la crescita. O la morte. O la fine di un amore, come fu per mamma e papà. Continuai a fare la governante anche in seguito. E continuavo a fotografare. Fu la volta della bambina bionda, con la testa piena di riccioli e un sacco di lacrime a rigarle il volto. Volevo raccontare la sua innocenza e la libertà che solo i piccoli posseggono (per esempio di piangere disperatamente, per strada, non curandosi dello sbalordimento degli altri).



Ma sapete, i bimbi possono essere anche consapevoli. E seducenti. Lo vedete questo ragazzino qui sotto? Quando si accorse che volevo ritrarlo, beh, si mise in posa. Capelli impomatati, maniche risvoltate, atteggiamento da duro. E sguardo ammiccante. Sembrava che volesse dire: “Ehi, signora, ce l’ha con me?”.Un ragazzino che giocava a fare il grande. Lo adorai. E subito perpetuai un pezzo della sua infanzia.



Ovunque lavorassi, portavo con me il mio materiale, le mie foto, i mie negativi. Era tutto quello che possedevo. Lo feci anche quando mi presi cura di Chiara (Bayleander), un’adolescente con handicap mentale. Volli molto bene a Chiara, provai un grande dolore per la sua malattia, lei non sapeva in che mondo straordinario vivesse. Io sì. Per questo usai la fotografia, per immortalare l’incanto di tutto quanto mi circondava. Non m’interessavano le grandi imprese o i grandi uomini, io volevo ricordare per sempre la normalità, la quotidianità degli sconosciuti. La mia era così semplice. E solitaria. Scattai delle foto anche a me stessa. Chissà come mai. Forse che presagivo che avreste voluto conoscermi un giorno? Ad ogni modo sono felice che il signor John Maloof abbia ritrovato il mio materiale e che organizzi mostre che ripercorrano la mia attività. Io non avrei saputo farlo. E la fama non m’interessava poi molto. E sono grata a voi, che apprezzate. Ma sappiate che facevo esattamente quello che fate voi oggi. Andavo per strada e puntavo il mio obbiettivo alla vita.


Chicago, 16 Giugno 1956



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Viviana Maier si spense il 21 aprile del 2009, in una casa di cura a Highland Park. Qui la sistemarono i Gensburg, i quali ignoravano che nel frattempo tutto il suo materiale fotografico, conservato in un box, era stato messo all’asta, a causa di alcuni affitti non pagati. Fu John Maloof, figlio di un rigattiere, ad acquistare tutto, nel 2007, e capì di avere fra le mani un tesoro. Che decise di condividere con tutti noi.


La mostra “Vivian Maier. Una fotografa ritrovata” è in corso allo spazio Forma e ci rimarrà fino al 31 gennaio.


Sul sito tutte le info.

Cronache vintage – Viaggio fra le acconciature e i belletti del ventesimo secolo

E siamo giunti alla seconda parte del mio racconto sulle acconciature, il make-up e i look dello scorso ventesimo secolo. Vi avevo lasciati promettendovi di informarvi sui miei boccoli… ebbene, i riccioli saranno durati al massimo mezz’ora, poi si sono ammosciati, come il mio entusiasmo!


Ma bando alle ciance! Volete sapere com’erano le donne negli anni ’50? Finte, naturalmente! Ombretto verde ghiaccio, matita per occhi verde muschio e rimmel color rame era un esempio di trucco prediletto; e ancora, ombretti azzurri, argentati, matite blu o viola, labbra arancioni. Pareva che le signore si fossero lanciate a tutta birra nella valigetta dei cosmetici. Peraltro, questi ultimi non garantivano ancora un risultato “naturale”, con la conseguenza che i loro visi più che acconciati sembravano mascherati. Ma all’epoca tutto questo era percepito come il massimo della meraviglia, il loro aspetto era artificiale e le donne comunicavano un solo messaggio certo non detto, ma chiarissimo: “non mi toccare”. I mariti ignoravano come fossero le loro donne realmente e andava bene così. E se il trucco cambiava a ogni occasione, stessa cosa accadeva per i capelli, i parrucchieri divennero i migliori amici delle donne, e questi cotonavano le chiome delle clienti con così tanta lacca che sul finire degli anni ’50 queste ultime avevano in testa dei nidi di rondine modello Zia Ietta. Completavano il tutto collane di perle, gioielli vistosi, cappellini-decoro ad ornare i corpi generosi delle borghesi del tempo, perché tutto in quegli anni doveva essere prospero.


Gina Lollobrigida
Gina Lollobrigida


Negli anni Sessanta le cose si evolsero incredibilmente, e menomale (si sarà capito che non amo particolarmente i ’50). Intanto, il modello imperante non fu più quello della donna  formosa, che anzi lasciò il posto ad una fanciulla dal corpo gracile e infantile, come quello della giovanissima Twiggy, la “dolly bird” inglese che tra braccia, fondoschiena e gambe sarà pesata al massimo 45 chili (tipo mia madre a 20 anni, le odio!). Il make-up osservava come punto focale lo sguardo, per cui gli occhi venivano truccati con tanta matita e il mascara passato un numero di volte tale da ottenere l’effetto “cerbiatta”. I capelli, alla “paggio”, ricordavano le pettinature dei Beatles (non a caso, a Londra, Mary Quant, l’inventrice della minigonna, si fece tagliare i capelli da Vidal Sassoon, il quale ideò per lei il bob a cinque punte, da quel momento in poi i-m-i-t-a-t-i-s-s-i-m-o).


Twiggy
Twiggy


Ma sul finire degli anni ’60 si impose via via il movimento hippy e con esso uno stile di vita votato alla natura. Uomini e donne cominciarono a vestirsi in maniera semplice, riciclando abiti dismessi e usando stoffe naturali e trucco e capelli si semplificarono molto: chiome lunghe e sciolte per uomini e donne. Insomma, se durante i primi ’60 ragazzi e ragazze portavano capelli corti, tagliati e pettinati allo stesso modo, ora accadeva lo stesso, ma nella direzione del look selvaggio e UNISEX.


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Françoise Hardy


Giungiamo agli anni ’70 e posso finalmente affermare che con loro moda ed estetica si complicarono al punto che il bello non fu più univoco, e non fu più condiviso unanimemente dalla società. La prima metà del decennio fu dominata da quella voglia di naturalezza con cui si era chiuso il precedente; tuttavia la semplicità non avrebbe comportato una mancanza di cura, al contrario, tutto sarebbe stato perfetto. I capelli sempre puliti e lucenti, con eleganti scalature e mèches (tecnica creata con lo scopo di dare l’effetto “corro sul bagnasciuga e il sole mi schiarisce i capelli”); la pelle A-A-BBRONZATISSIMA, (grazie alle vacanze al mare o ad un ottimo autoabbronzante); il corpo tonico, snello, sano (grazie al jogging, all’aerobica e ad una alimentazione rigorosa).


Jane Birkin
Jane Birkin


Ma la sera, oh, la sera dimenticate pure tutta questa essenzialità, e immaginate lustrini, paillettes, trucchi pazzi, boa e abitini in lycra e lattex: questa era la mise tipo da STUDIO 54!


Lauren Hutton
Lauren Hutton


E naturalmente non tardò neppure a sopraggiungere qualcuno che dissacrasse tutto questo: benvenuti miei cari PUNK! Donne e uomini con molto lattice addosso e t-shirt strappate, ma anche tanto nudi e con innumerevoli anelli e spille alle orecchie e al naso e creste fluo e poi borchie e scritte pornografiche e infine trucchi nerissimi, si aggiravano per le città con lo scopo di SCANDALIZZARE (la mia adorata Vivienne Westwood, dalla sua boutique Sex a Londra, dettava legge).


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Donne che imposero la loro presenza nella società, che lavoravano e ottenevano successi professionali, che fecerosentire la loro voce spodestando gradualmente gli uomini di potere, come avrebbero mai potuto farlo senza delle belle spalle imbottite e dei tailleur-powerbusiness che sembrava volessero esclamare: “levati di mezzo, bello, o ti do un colpo di spallina!”. Negli ani ’80, il culto per il corpo non tramontò, anzi, si evolse in una vera e propria febbre del fitness, ma le donne tornarono ad essere prosperose e non rachitiche come in passato. Chi non godeva di un seno naturalmente florido, ricorreva alla chirurgia, strumento che non venne disdegnato neppure per i ritocchini al viso (che proprio in questo periodo cominciarono a divenire di uso comune). Insomma, fra chirurgia estetica e prodotti anti-aging, il trucco non servì più a correggere ma a esaltare: cosmetici naturali, make-up trasparente e/o, quando le tasche lo consentivano, permanente.


Antonia Dell'Atte, Giorgio Armani, A/I 1984-85 , foto di Aldo Fallai
Antonia Dell’Atte, Giorgio Armani, A/I 1984-85 , foto di Aldo Fallai


I capelli o venivano asciugati naturalmente o, al contrario, finivano sotto i caschi dei parrucchieri per uscirne cotonati che manco Ivana Trump e, cosa terribile, con frange molto gonfie (la chioma con l’effetto frisé e la frangia liscia era un altro must e questo vi sconsiglierei di riproporlo, ecco!)


Cindy Crawford
Cindy Crawford


Bene, amichette, siamo giunte alla conclusione di questo percorso a spasso fra bigodini, creme “forever-young” e boccoli fluenti. Avete deciso cosa sarete a Capodanno? Io ho optato per un abito rosso fuoco, dalle spalline larghe come gli anni’80 esigevano, mi farò fare delle onde che esalteranno le punte più chiare come gli anni’70 imponevano e stenderò un sacco di rimmel come gli anni ’60 ordinavano. Il risultato sarà o una contaminazione pazzesca o un esilarante delirio! Staremo a vedere!

Cronache vintage – Viaggio fra le acconciature e i belletti del ventesimo secolo

Sono sicurissima che molte di voi saranno andate dal parrucchiere ieri, o dall’estetista, o da Sephora, per ravvivare il colore ai capelli o per darci un taglio netto (non solo alla chioma, ma pure all’anno che sta per terminare), per sistemare le sopracciglia incolte, per acquistare un rossetto rosso da baci appassionati. Non lo avete ancora fatto? Brave! Approfitterete della mia cronistoria a spasso fra le acconciature e i look dell’ultimo secolo e deciderete così se essere, per il prossimo party di Capodanno, una vaporosa e truccatissima donna eighties style o una moderna Jean Harlow platinata! Questa prima parte è dedicata al periodo che va dal 1900 agli anni ’40 (la prossima settimana saprete il resto, quindi leggete attentamente e attendete ansiosamente!).


Dunque, tanto per cominciare, apprendo che durante il primo decennio del 1900 le donne della buona borghesia portavano anelli ai capezzoli (per procurarsi un effetto eccitante da sfregamento, che distraeva il corpo soffocato nel busto da tutte le sue pene). Mi direte che non c’entra nulla con i trucchi e belletti… esatto, è una curiosità che vi ho fornito e che molto stride con l’aspetto di quel decennio: le fanciulle da marito insieme alla pelle diafana, con annesse venuzze violacee accentuate dal trucco, il vitino, e il profumo alla lavanda, portavano capelli ondulati, morbidamente raccolti, con aggiunta di toupet, se necessario: la parola d’ordine era INNOCENZA!


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Isadora Duncan


Poi venne la guerra e i mariti al fronte dovevano essere assolutamente certi che le loro donne avessero un comportamento retto e ineccepibile, che non si curassero delle inutili civetterie, che apparissero pulite e compite. Fortunatamente la guerra volse al termine e sul finire del 1920 la donna da virtuosa divenne pericolosa e ambigua. Accorciò i capelli, per portarli alla maschietta, mise del kajal  intorno agli occhi, truccò di rosso intenso la bocca, “esotizzò” il suo aspetto, per divenire una femme fatale dal gusto orientale.


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Gloria Swanson


E giungiamo ai gloriosi anni ’20, siore e siori, e questo periodo è tra i miei più amati! Ormai i capelli alla maschietta erano un must, e nonostante gli uomini non condividessero, le signore imponevano il nuovo taglio burlandosi di loro con candide bugie (“caro, ho bruciato i capelli con la lampada a olio!”). E poi occhi bistrati, viso molto truccato, cipria in gran quantità, fard tamponato anche in pubblico: atteggiamento sconveniente, ma irresistibilmente chic! E poi lui, il rimmel (resistente all’acqua, peraltro). Fu creato nel 1921 da Elizabeth Arden, la professionista della bellezza (nonostante Helena Rubinstein ne rivendicasse l’invenzione), che volle tutte con ciglia lunghissime per sguardi ammaliatori. E infine, Coco Chanel, colei che inventò il tubino nero, introdusse l’uso del jersey e dei pantaloni, amava i gioielli purché fossero tassativamente finti, ebbene ruppe con il passato ancora una volta, quando dimostrò che “abbronzata è bello”! Se ne andava al mare a Biarritz e si faceva baciare dal sole: solo i poveri non potevano permetterselo, per cui avere la pelle colorata divenne cool nonché UPPER CLASS!


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Louise Brooks


Gli anni ’30 si potrebbe sintetizzare con questa frase: “La bellezza non è un dono, è abitudine”. Ad affermarla fu Germane Monteil, che nel 1935 fondò la sua casa cosmetica e convertì le sue clienti alla filosofia del “benessere”: il trucco non era sufficiente, da solo, a fornire un bell’aspetto, bisognava applicare sul viso creme da giorno e da notte, seguire un’alimentazione sana, praticare sport. Più in generale, in questo periodo, la donna doveva essere magra ma non efebica, femminile pur non impiegando strati di trucco (come si era usato precedentemente), abbronzata, naturale, curata. I capelli si allungarono almeno fino al mento, morbide onde incorniciano il viso. Le donne comuni guardavano alle dive del cinema, al loro incarnato perfetto, alle loro sopracciglia dall’arcata minuziosamente disegnata, ai loro soffici capelli biondissimi.


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Jean Jarlow


Bene, siamo arrivati ai ’40 e io sono felice di annunciarvi che ormai il trucco è per le donne come il tabacco per gli uomini: INDISPENSABILE. C’è una guerra in corso? E allora, che le fanciulle tutte siano piacevoli, curate, dall’aspetto accogliente e femminile. E attenzione, non è più il caso di apparire provocanti e frivole, gli uomini esigono per le loro fidanzate e mogli un’immagine matura e sensuale, in altre parole rassicurante.


Naturalmente non era facile reperire cosmetici in Europa, a differenza che in America, dove Elizabeth Arden ideò per le donne lavoratrici la BUSY WOMAN’S BEAUTY BOX, dove ci trovavi la cipria, il rossetto, lo specchietto, la crema detergente, insomma tutti quei prodotti con cui potevi “restaurarti” in ogni situazione. Le europee dovettero accontentarsi del lucido per stivali che usarono come rimmel o della crema da scarpe per colorare le sopracciglia. Scaltre queste ragazze!


E le chiome, in mancanza di un parrucchiere che non sempre ci si poteva permettere, venivano raccolte in quello che fu battezzato come “elmo”: i capelli erano portati tutti sù ed elegantemente fasciati attorno al capo. Una sorta di moderno grande “cocco”. In alternativa, si ricorreva allo chignon, nodo attorcigliato sulla nuca inventato dal parrucchiere Guillaume nel 1944 per Balenciaga (lo li porto spesso così, mi fanno sentire una ballerina metropolitana!). Altrimenti si ricorreva al turbante, per nascondere sotto a stoffe fantasiose i capelli non sempre curati.


Tutto questo non interessava ovviamente le stelle del cinema, che esibivano capelli lunghi, sciolti e ondulati. Queste venivano spesso imitate dalle donne “comuni”, con la conseguenza che in qualche fabbrica bellica non di rado i capelli di alcune si impigliassero nei macchinari. Chi bella voleva apparire, i capelli nelle macchine doveva infilare!


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Veronica Lake


Bene, mie care bambole, siamo giunte al termine di questa prima parte dedicata alla bellezza e all’immagine del nostro ultimo glorioso secolo. Io ora prendo il phon e la mia spazzola per le onde e m’ingegno per assomigliare a una star del cinema hollywoodiano (e naturalmente vi aggiornerò sui risultati!).

Gucci Pre-Fall 2016: ironia in chiave vintage

Dolcezza, delicatezza, ironia: sono queste le parole chiave per descrivere al meglio l’atmosfera che ha caratterizzato la presentazione della collezione Pre-Fall 2016 firmata Alessandro Michele per Gucci.

Il classicismo imperiale di una villa pompeiana diviene il set in cui si muove la donna Gucci, tra suggestioni surrealiste e tocchi pop. L’estetica di Alessandro Michele non si smentisce: dopo essere stato accolto con entusiasmo alla direzione creativa del brand italiano, il designer ci anticipa la collezione per il prossimo Autunno/Inverno 2016/2017, che sfilerà a febbraio nell’ambito della Milano Fashion Week. Protagoniste della collezione sono creature piumate, ma anche flora e fauna tropicali: farfalle e serpenti prendono vita su stampe patchwork conferendo un tocco irriverente ad una collezione dal fil rouge bon ton.

Suggestioni Seventies caratterizzano le stampe optical e i maxi dress, tra balze e chiffon, mentre un tocco di eleganza evergreen è dato dai tailleurini da ragazza perbene e dalle gonne plissé laminate. Una fusione di stili diversi, quasi a bilanciare le ispirazioni multiformi che stanno alla base della collezione, per materiali futuristi e stampe iconiche. È romantica e un po’ intellettualoide la donna Gucci, tra ricami, ruches e camicie col fiocco, mentre i grandi occhiali conferiscono un appeal intrigante e un tocco di introspezione a questa donna che gioca con i passerotti e con la propria femminilità.

Infantile, naïf, ma anche sofisticata e aristocratica, tra patchwork di pattern e colori, riscopriamo anche una rivisitazione del logo della maison Gucci, l’inconfondibile doppia G ma anche il nastro tricolore, riproposto quasi timidamente tra la fauna in chiave surrealista che non lesina in tigri, gattini e fiori.

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Alessandro Michele ci propone un’inedita collaborazione con l’artista Ari Marcopoulos, che ha scattato il lookbook che immortala la collezione, in una location dal grande impatto scenografico, quale è la villa pompeiana che fa da sfondo ad ogni outfit. Si respira un’atmosfera idilliaca, in cui il classicismo di italica memoria si mixa mirabilmente a suggestioni tratte dalle nature morte della pittura fiamminga: piccoli dettagli che impreziosiscono ogni scatto sposandosi perfettamente con l’outfit fotografato. Passato e presente si sfidano in un continuum che combina elementi liberty a tocchi eclettici tipici di un’estetica fortemente contemporanea: ecco quindi i bomber su maxi dress metallizzati, e ancora gli stivali in vernice sotto cappe che profumano di antico, i turbanti paillettati e le pellicce con luna e stelle; i guanti rock conferiscono aggressività ai pizzi e merletti di fanciullesca memoria, mentre il denim è corredato da inedite stampe cartoon.

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La collezione si muove tra pellicce in colori fluo, in un mix & match che vede capi profilati con decorazioni di fiori stilizzati e un tartan rivisitato che conferisce un tocco vintage. Si continua tra fiocchi, glitter e paillettes all over mentre il basco alla marinière ci riporta alla contestazione degli anni di piombo. Allure romantico, quasi fiabesco, per i lunghi abiti da sera in tulle, ricamati con stampe patchwork. Jacquard e astrakan predominano, mentre il denim e le proporzioni dei jeans scampanati ci riportano agli anni Settanta. La pelle lavorata diviene luxury grazie agli accenni metallizzati che ritroviamo sulle gonne in seta plissettata. Eccentricità e glamour sono le parole chiave di una collezione altamente evocativa che rivela la grande ricercatezza e la cura per il dettaglio che caratterizzano il talento di un astro nascente della moda italiana.


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Natale 2015-Guida ai regali per lui

È arrivato puntuale anche quest’anno il Natale. Si dice che fare un regalo ad una donna sia molto più semplice: è ora di sfatare questo luogo comune, attraverso una selezione ampia e variegata di idee regalo pensate esclusivamente per lui. Originali, sofisticate o casual, romantiche o divertenti, per regali adatti ad ogni tipo di budget: per un Natale 2015 indimenticabile.

Vantano una lunga e antica tradizione e sono i pezzi più glamour dell’intero guardaroba maschile: sono i gemelli da polso, dettaglio mai banale del look maschile. Un regalo per veri intenditori, che può facilmente adattarsi sia ad un budget medio che ad un budget extra lusso.

Ironici e divertenti sono i maglioni a tema natalizio, must have di stagione, che vanno incontro alle esigenze del vostro portafoglio e che ben si prestano anche se il regalo è per un amico o un fratello: perché l’autoironia è la parte più sexy di un uomo.





Dalla cura della persona, col cofanetto firmato Giorgio Armani, all’abbigliamento, declinato in chiave casual e haute couture, fino al vintage: 1stdibs propone pezzi di antiquariato perfetti per impreziosire il suo studio con stile.

Quale migliore dono per brindare insieme al nuovo anno se non una bottiglia di Dom Perignon vintage, risalente al 2006? Un regalo perfetto per le coppie di innamorati che si accingono a trascorrere insieme le festività.

Per appassionati di moda ma anche per amanti della bellezza in generale è perfetto il volume “SIR” di Mario Testino edito da Taschen: una celebrazione dello charme maschile vista dall’obiettivo del celebre fotografo di moda. Per veri gourmet.

Appeal sofisticato nel kit per lucidare le scarpe proposto da Gentlemen’s Hardware o nel set da ufficio firmato Ted Baker. Un’altra idea elegante è regalargli una camicia bianca: capo passepartout del suo guardaroba, perfetto per ogni occasione. Polo Ralph Lauren propone un’ampia varietà di scelta. Regali raffinati e insieme funzionali che lo sorprenderanno.

E se vi piace provocarlo, non perdetevi i boxer a tema natalizio, come quelli di ASOS; per festeggiare il Natale in modo sexy.


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Cronache Vintage

CRONACHE VINTAGE


L’appuntamento con lo straniero –  E sotto il vestito lingerie d’antan

 

Quando ami l’abbigliamento vintage, il design vintage, la musica vintage, insomma quando ami il vintage, questo invade la tua vita completamente. Entra nel tuo armadio, arreda i tuoi mobili, suona nelle tue orecchie: per dire, indosso il mio cappotto multicolor alla Twiggy, ascolto Aretha Franklin ed esco di casa trotterellando.

Finisce per scandire qualsiasi momento della tua vita. Gioioso, sciagurato o malinconico. Fu così anche la volta in cui incontrai quello che venne da me e che ribattezzai come straniero. Eravamo a un concerto, non ci conoscevamo, ma quando i nostri occhi s’incrociarono, lui decise che avrebbe dato le spalle al palco per guardare solo me. Ho pensato che avesse seri problemi, perché lo scetticismo è il sale della mia esistenza. Poi però il suo numero finì nella mia rubrica, e lo scetticismo lasciò il posto alla curiosità.
Ci sono stati pochi incontri, tante sparizioni e ritorni improvvisi. E sempre un sacco di battiti di cuore all’impazzata. Lo rividi ancora una volta, lo decisi io, per concedermi un vero primo e ultimo appuntamento. L’appuntamento col mio STRANIERO.

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Desideravo che fosse tutto perfetto, così avrebbe fatto più male. Sotto i miei storici jeans a vita altissima, dalla tela assai consunta, e il maglione anni ’80 talmente largo da ridurre al minimo l’immaginazione di lui, indossai della lingerie anni ’70 regalatami da quella gran stipatrice di mia madre.

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Avete presente il reggiseno a punta e le mutande a vita alta? Aggiungete del pizzo bianco, dei bottoncini in madreperla, delle spalline in raso di seta. Eh sì, perché mia mamma, nonostante quella rivoluzione femminile che voleva perfino l’intimo comodo e per nulla seducente, aveva deciso che non sarebbe uscita per strada a bruciare reggiseni. Lei se li sarebbe messi i reggiseni sexy ed eleganti, e con quelli addosso avrebbe portato avanti la sua personale battaglia femminile. E io oggi scelgo di ereditarli, evitando così i completini striminziti da centro commerciale Maculaty&Orrendy. Inutile dire che lo straniero apprezzò, ne godette e ripartì.

Non volli vederlo mai più. Perché gli uomini, a volte, è meglio perderli. Il completino intimo, invece, rimane. Fedele. Per sempre.

Gloria Vanderbilt: il lusso e lo charme

Lusso, eccessi, charme: quando si sente il nome di Gloria Vanderbilt queste sono alcune delle immagini che vengono subito alla mente. Ereditiera di un’immensa fortuna, socialite tra le più brillanti del suo tempo, musa, icona di stile, artista e, ancora, modella e designer, Gloria Vanderbilt ha incarnato la quintessenza dello stile e della bellezza, rappresentando per oltre mezzo secolo uno dei volti più conosciuti del jet set internazionale.

Habitué del mitico Studio 54, modella ritratta da fotografi del calibro di Richard Avedon, Gordon Parks, Louise Dahl-Wolfe, Horst P. Horst e Francesco Scavullo, negli anni Settanta, dopo una vita consacrata all’arte e alla bellezza, declinata in ogni sua forma, divenne fashion designer. Il lancio della sua linea vedeva il cigno, simbolo di candore, come logo. Occhiali, profumi e una linea di abbigliamento di cui ancora ricordiamo i celebri jeans: il nome di Gloria Vanderbilt è stato sinonimo di stile per oltre trent’anni.

Gloria Laura Vanderbilt è nata a New York il 20 febbraio 1924 da Reginald Claypoole Vanderbilt e dalla sua seconda moglie Gloria Morgan. Bellissima già da neonata, fu battezzata come cattolica. Alla morte del padre, avvenuta quando la piccola ha appena 18 mesi, Gloria eredita un patrimonio immenso, stimato in circa 5 milioni di dollari.

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Gloria Vanderbilt in Bill Blass, foto di Francesco Scavullo per Town & Country, 1969


Gloria Vanderbilt tra i modelli di jeans disegnati da lei. Foto di Evelyn Floret, 1979


Uno scatto del 1958
Uno scatto del 1958


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Gloria Vanderbilt nel suo appartamento a South Penthouse, 10 Gracie Square. Foto di Richard Avedon, New York, 1956


Durante la sua infanzia frequenti sono i viaggi da e per Parigi, con la madre e l’amatissima governante Emma Sullivan Kieslich. Un ruolo importante nell’infanzia della piccola fu rivestito dalla sorella gemella della madre, Thelma, che fu amante del Principe di Galles. La madre di Gloria ha le mani bucate, e ciò rappresenta un pericolo per la gestione dell’immenso patrimonio di cui la piccola Gloria non può beneficiare fino alla maggiore età: è per questo che interviene Gertrude Vanderbilt Whitney, zia di Gloria dal ramo paterno. Appassionata di scultura e filantropa, Whitney chiese la custodia della nipote, scatenando un processo che all’epoca destò notevole scalpore. La giovane Gloria si trovò così, ancora bambina, a dover testimoniare davanti ad una giuria, nella posizione forse più traumatica per una bambina: quella di dover scegliere tra la madre e la zia. Alla fine fu quest’ultima ad avere la meglio: la piccola Gloria crebbe nel lusso della residenza di Gertrude, divisa tra Long Island e New York. La storia del processo divenne anche il tema della miniserie trasmessa nel 1982 dalla BBC “Little Gloria…Happy at Last”, che ottenne ben sei Emmy e un Golden Globe.

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Una foto del 1942


Gloria Vanderbilt, New York, December 1953. Photographed by Richard Avedon.
Gloria Vanderbilt, New York, Dicembre 1953. Foto di Richard Avedon.


Gloria Vanderbilt con i suoi figli Carter e Anderson Cooper


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Wyatt Emory Cooper e Gloria Vanderbilt con i figli Anderson e Carter. Foto di Jack Robinson per Vogue, New York, giugno 1972


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Gloria Vanderbilt nel suo studio, foto di Horst P. Horst, 1975


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Gloria Vanderbilt ritratta da Horst P. Horst per Vogue, New York, 1975


Gloria Vanderbilt divenne una fanciulla bellissima: occhi a mandorla e labbra carnose su un viso perfetto la resero adatta a posare come modella per numerosi magazine. Apparve su Vogue, Town & Country, Life Magazine e Harper’s Bazaar. Brillante negli studi, frequentò le migliori scuole, fino alla Art Students League di New York, dove sviluppò un notevole talento artistico. Al compimento della maggiore età, quando poté finalmente impadronirsi dell’immenso patrimonio ereditato dal padre, Gloria tagliò completamente fuori la madre, pur non smettendo mai di supportarla economicamente, facendola vivere in una lussuosa residenza a Beverly Hills, dove la donna morì nel 1965.

La bella Gloria studiò recitazione alla Neighborhood Playhouse con Sanford Meisner come maestro. Dotata di un immenso talento artistico, presto si impose come pittrice, dando anche numerose mostre. I suoi dipinti furono acquistati, a partire dal 1968, da Hallmark Cards e da Bloomcraft e Gloria iniziò a dipingere con successo ceramiche e oggetti per la casa. Simbolo del lifestyle e del lusso coniugato allo stile, il suo appartamento di New York è stato a lungo rappresentato dai principali magazine di interior design: piastrelle patchwork e un’eleganza che si traduce in maestosa opulenza, la lussuosa residenza è stata location di alcuni degli scatti più celebri che ritraggono la socialite.

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Gloria Vanderbilt Cooper in una foto di Francesco Scavullo, anni Sessanta


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Gloria Vanderbilt intenta ad abbronzarsi, Junction City, Kansas, 1941


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Gloria Vanderbilt in Fortuny Delphos e gioielli di Rita Delisi. Foto di Richard Avedon per Vogue Italia, 1970


Gloria Vanderbilt modeling her Fortuny dress and Rita Delisi necklance. Photo by Richard Avedon. Vogue, 1969.
Gloria Vanderbilt posa nel suo abito Fortuny dress con una collana di Rita Delisi. Foto di Richard Avedon. Vogue, 1969


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Gloria Vanderbilt in un abito Fortuny Delphos. Foto di Richard Avedon, 1970


La sua carriera nella moda è iniziata negli anni Settanta, dapprima con il marchio Glentex, per cui disegnò una linea di sciarpe. Nel 1976 il designer indiano Mohan Murjani le propose di lanciare una linea di jeans usando il suo nome come logo. Più stretti di quelli che si usavano all’epoca, i jeans firmati Gloria Vanderbilt furono un successo senza precedenti: seguiti da una linea di abbigliamento e profumi, ben presto il logo col nome della socialite divenne sinonimo di lusso e qualità, che oltrepassò i limiti della moda fino a comprendere liquori e accessori di vario tipo. I diritti sui jeans furono poi acquistati nel 2002 dal gruppo Jones Apparel. Dal 1982 al 2002 L’Oréal lanciò otto fragranze col nome di Gloria Vanderbilt. Nel 1978 la Vanderbilt lanciò la propria compagnia, GV Ltd., con sede a New York. Nel corso degli anni Ottanta accusò i suoi partner e il suo avvocato di frode e, dopo un lungo processo, vinse la causa. I suoi jeans attillati rappresentano ancora oggi un autentico must have: tanti sono i siti di moda vintage che propongono modelli ormai rari e preziosi.

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L’interno dell’appartamento della Vanderbilt


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La camera arredata in stampa patchwork nell’appartamento della socialite


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Il ritratto della madre di Gloria Vanderbilt


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Le celebri decorazioni nell’appartamento di New York


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Gloria Vanderbilt a 17 anni, foto di Horst P. Horst, New York, 1941


Gloria Vanderbilt quindicenne ritratta da Louise Dahl-Wolfe per Harper's Bazaar
Gloria Vanderbilt quindicenne ritratta da Louise Dahl-Wolfe per Harper’s Bazaar


Gloria Vanderbilt ritratta da Francesco Scavullo, 1968


Autrice di quattro memoriali e di tre romanzi, contributor del New York Times, di Vanity Fair ed Elle, nel 2001 la Vanderbilt ha inaugurato la sua mostra d’arte dal titolo “Dream Boxes” presso il Southern Vermont Arts Center di Manchester. Un successo di pubblico e critica, la mostra è stata seguita nel 2007 da un’altra esposizione. Inoltre Gloria Vanderbilt ha fatto molto parlare di sé per il suo ultimo romanzo, dal titolo “Ossessione: un racconto erotico”. Recensito dal New York Times come il “libro più piccante mai scritto da una ottuagenaria”, trattasi di fatto di un libro a luci rosse, i cui protagonisti fanno ampio uso di fruste, corde di seta, insieme ad ortaggi vari, usati in metodi assolutamente non convenzionali.

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Gloria Vanderbilt nella cucina del suo appartamento, foto di Horst P. Horst per Vogue, New York, 1975


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Gloria Vanderbilt fotografata da Gordon Parks per Life Magazine (1954)


Gloria Vanderbilt. foto di John Rawlings, 1945
Gloria Vanderbilt. foto di John Rawlings, 1945


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Gloria Vanderbilt in un abito Mainbocher, foto di Richard Avedon per Harper’s Bazaar, 1955


Gloria Vanderbilt ritratta da Gordon Parks, 1952


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Uno scatto risalente agli anni Quaranta


La bella ereditiera non smette di sorprenderci. D’altronde, come ogni icona che si rispetti, anche la Vanderbilt non si è fatta mancare una vita sentimentale alquanto tumultuosa: appena diciassettenne sbarcò ad Hollywood, dove convolò a nozze con l’agente Pat DiCicco, nel 1941. Ma il matrimonio lampo fu seguito, appena quattro anni dopo, da un divorzio, in cui l’ereditiera dichiarò di essere stata vittima di violenze e abusi da parte del marito. Nel 1945 Gloria sposò il conduttore Leopold Stokowski. Nel 1956 il terzo matrimonio, con il regista Sidney Lumet. Infine, il quarto ed ultimo matrimonio, con l’autore Wyatt Emory Cooper, celebrato nel dicembre 1963. La coppia ebbe due figli, Carter Vanderbilt Cooper, morto suicida nel 1988, dopo essersi lanciato dal quattordicesimo piano dell’appartamento di famiglia, e il giornalista della CNN Anderson Hays Cooper. Wyatt Cooper, forse l’unico amore della sua vita, morì nel 1978.

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Gloria Vanderbilt ritratta da Horst P. Horst. ca. 1961


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Gloria Vanderbilt ritratta da Francesco Scavullo, anni Cinquanta


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Gloria Vanderbilt ritratta da Horst P. Horst, 1970, abito patchwork di Adolfo.


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Gloria Vanderbilt, foto di Richard Avedon 1955


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Gloria Vanderbilt, foto di Horst P. Horst, 1966


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Bellissima ed elegante, Gloria Vanderbilt è un’icona di stile, una designer di successo ed un’artista di fama mondiale


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Gloria Vanderbilt in uno scatto risalente agli anni Cinquanta


L’ereditiera è nata a New York il 20 febbraio 1924


Gloria Vanderbilt mantenne sempre una relazione fatta di stima ed affetto reciproco col fotografo Gordon Parks, fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 2006. Inoltre ebbe relazioni con Marlon Brando, Frank Sinatra, Howard Hughes. Truman Capote rivelò di essersi ispirato a lei per il celebre personaggio di Holly Golightly, protagonista dell’indimenticabile romanzo Colazione da Tiffany. Grande amica di Diane von Fürstenberg e della commediografa Kathy Griffin, al compimento del suo novantesimo compleanno, il 20 febbraio del 2014, le collezioni dei suoi dipinti sono state esposte nella galleria di 1stdibs presso il New York Design Center. Oggi la celebre icona appare completamente diversa, a causa di una serie di interventi di chirurgia estetica. Il suo nome resta però legato ad un periodo storico forse ineguagliabile, quanto a stile ed eleganza. Per nostalgici doc.


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Milano Vintage Week 2015, tutto il meglio

Tutto il meglio sulla Milano Vintage Week 2015


Si è conclusa l’8 novembre la Milano Vintage Week, un evento atteso da addetti al settore ma anche curiosi, che ha visto un’affluenza senza precedenti.
Milano Vintage Week è una mostra-mercato con le più esclusive esposizioni di boutique vintage, dagli abiti d’epoca di Delphine, alla selezione dei classici tailleur di Chanel dalla ricerca A.N.G.E.L.O., uno dei punti vendita vintage più esclusivi d’Europa.

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Milano Vintage Week è un’occasione unica dove trovare capi d’annata, i gioielli della nonna che tutte vorrebbero avere, stampe pubblicitarie vintage, alcuni oggetti di modernariato, ma anche un’esclusiva mostra su Valentino (dall’archivio A.N.G.E.L.O) che racconta l’eleganza senza tempo dello stile italiano di un grande couturier, colui che ha fatto sognare le donne di tutto il mondo rendendole ancora più belle e femminili.

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la mostra Valentino alla Milano Vintage Week


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alcuni abiti d’annata nella mostra Valentino


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abiti senza tempo


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la mostra Valentino alla Milano Vintage Week


La qualità dei tessuti, l’originalità delle stampe, la foggia degli abiti, la precisione sartoriale, l’attenzione al dettaglio, l’unicità dei capi, queste tra le ragioni di chi, amante del vintage, si è lanciato nello shopping all’evento. Ma anche etica del riciclo e solidarietà rientrano tra gli ideali MVW, grazie al progetto Vintage Solidale della Fondazione Francesca Rava infatti, nello stand omonimo, il 100% del ricavato è stato devoluto a sostegno del programma Borse di Studio per ragazzi orfani di Haiti.

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Tantissimi gli appuntamenti all’interno dello showroom Riccardo Grassi (via Giovanni Battista Piranesi 4) a cui i visitatori hanno partecipato numerosi: le morbide onde sono tornate tra le acconciature delle signore che nella Beauty Lounge si sono affidate a mani esperte. Coccolate anche dalla make up artist Caterina Todde, i colori e lo stile retrò su occhi e bocche delle fortunate, per poi farsi fotografare nell’angolo di Retroscatto o dalla blogger Serena Autorino di ThePeterPanCollar, che ha aiutato le più indecise negli acquisti, in qualità di consulente fashion.
Divertenti quiz hanno messo alla prova le più esperte con le domande di Margherita Tizzi di Moda a Colazione, tanti i premi vinti da chi il vintage lo ha nel sangue, ma anche tra i libri!

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Non poteva mancare l’appuntamento al gioco – “con le mani nel sacco”: l’astuzia e l’ebbrezza di riempire a scelta un sacchetto di carta di 10,15, 25 euro, dietro rispetto di queste regole – 10 minuti di tempo massimo, non rompere il sacchetto e non uscire dall’orlo. Risultato? La gioia delle partecipanti, di tutte le età, di aver scovato la chicca nascosta tra centinaia di abiti!

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Il saluto all’uscita di una coloratissima installazione Lomo composta da 3000 foto e dall’organizzatore dell’evento, Andrea Franchi: “Milano Vintage Week è riuso e rispetto dell’ambiente, è qualità, lavoro ma anche divertimento – questo ci preponiamo come obiettivo dell’evento. Le migliorìe arriveranno, stiamo lavorando al prossimo appuntamento, perché vogliamo soddisfare le alte aspettative della clientela, per fortuna sempre più esigente”.

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Alcune tra le boutique che hanno partecipato all’evento e gli indirizzi dove scovare delle gioie:

L’isola del tempo perduto: abiti, calzature, merletti, tessuti, lingerie, bijoux, bottoni di Chanel e Valentino, profumi, trousse, cuscini, tendaggi, pizzi, bambole, cartoline, quadri, borse, passamaneria, tovaglie, fotografie, biancheria della nonna – PARIGI – MILANO – MONTECARLO (Tel. 339-2672863)

Spazio 54 : i tanto amati orecchini della nonna, gli eleganti abiti in velluto nero, le borse in gobelin, le spille più preziose, i guanti in pizzo e molto altro. ( via Pegreffi 7/a, Sondrio – tel. 348-6461601 – Pagina Facebook: mercatini vintage di Lucia Negrini)

Collezione Privata: vintage, design, arte e modernariato, due simpatici e gentili signori vi mostreranno la “collezione privata” della figlia Eleonora Grandi, fatta di bauli della nonna, borsette in vera pelle anni ’40, abiti – ’50 – ’60 – ’70, foulards ricamati e originali cappelliere. (Tel. 333 – 5058025 Via Trento 17, Moncallieri – Torino)

Delphine: Una tra le più belle boutique vintage di Milano. Abiti e accessori d’epoca, abiti da camera in velluto, camicette in stile vittoriano, lingerie vintage di seta, un vero angolo di paradiso per le più affezionate.
(Via Cola Montano – quartiere Isola – Milano – shop www.delphinevintage.etsy.com – Tel. 347- 7347030)

Telma Vintage: La più vasta scelta di occhiali vintage dal 1960 fino alla metà del 1990. Accessori d’epoca dal 1900 tra bigiotteria, borse e curiosità. (Tel 393-8898178 – mail: telma.slima@gmail.com)

Shabby Chic Vintage: abiti vintage firmati, cappelli originali anni ’30 – ’40 – ’50, pellicce, accessori, guanti, borse, gioielli, cinture, occhiali, calzature. Un’elegante signora che troverete nelle migliori fiere del vintage italiano (di Bernardelli Nicoletta – Via Argine Po, 649 Tel 320-0836825).

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(foto di Miriam De Nicolo’)

È iniziata la Milano Vintage Week

Amanti del vintage, non potete assolutamente perdere l’appuntamento con la Milano Vintage Week. Tre giorni interamente dedicati allo stile vintage, da oggi venerdì 6 novembre fino a domenica 8 novembre, nella cornice dello showroom di Riccardo Grassi, in via Piranesi 4.

Con appena 3 euro si può passare un intero weekend dedicato interamente al vintage, con eventi imperdibili. Si comincia con la mostra su Valentino organizzata da una boutique che non ha bisogno di presentazioni: A.N.G.E.L.O. rappresenta da anni un punto di riferimento insostituibile per gli appassionati di moda vintage. Sarà possibile ripercorrere le tappe della carriera del grande couturier attraverso diciotto capi storici della maison Valentino.

Imperdibili gli appuntamenti quotidiani con la bellezza, nella Beauty Lounge dello showroom, tutti i giorni dalle 11 alle 20: creare look ispirati ai decenni precedenti non è mai stato tanto facile, grazie alla make-up artist Caterina Todde, che realizzerà sessioni gratuite di trucco, rigorosamente in stile rètro.

La boutique A.N.G.E.L.O., specializzata in moda vintage
La boutique A.N.G.E.L.O., specializzata in moda vintage


Con l’aiuto di Serena Autorino, personal shopper di The Peter Pan Collar, si verrà consigliati nell’acquisto di look vintage, che saranno anche immortalati in apposite foto. Un mini set allestito grazie alla collaborazione di Retroscatto: tutti i giorni, dalle 12 alle 19, sarà possibile posare come protagonisti dei vostri scatti ispirati allo stile vintage.

Margherita Tizzi di Moda a Colazione testerà le vostre conoscenze in fatto di moda, in uno spazio apposito, per un quiz in cui saranno messi in palio premi e cotillons. Inoltre saranno organizzati laboratori speciali per appassionati di vintage. Si conclude con un progetto a scopo benefico: è il Vintage Solidale organizzato dalla Fondazione Francesca Rava. Tutto il ricavato delle donazioni sarà devoluto al programma Borse di Studio a favore dei ragazzi delle case-orfanotrofio di Haiti. Un evento imperdibile, per amanti del vintage e curiosi.


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I migliori siti di moda vintage

Il vintage oggi rappresenta più che una semplice tendenza, ma una nuova branca della moda, che piace e affascina: sempre più numerosi sono i curiosi mentre è cresciuto in modo esponenziale il numero di appassionati di moda e design vintage.

Internet si adegua, offrendo un’ampia scelta, in base al budget ma anche al decennio prediletto. In rete nell’ultimo decennio si è assistito ad un vero e proprio boom di siti di moda vintage: tantissime sono infatti le boutique specializzate nella vendita di capi autentici risalenti al passato. Ora grazie alla Rete è possibile acquistare da tutto il mondo, in modalità e tempi assai rapidi.

Per chi vuole curiosare tra i capi messi in vendita dalle boutique di tutto il mondo specializzate in moda vintage, Etsy è il sito che fa per voi: il portale propone un’ampia scelta di capi ed accessori autentici vintage, archiviati in base al decennio e alle tendenze. Un sito che permette di fare acquisti intelligenti, con una vastissima scelta tra autentiche chicche per veri vintage-addicted. Su Etsy trovate praticamente di tutto, dall’hatinator identico a quelli sfoggiati da Kate Middleton a capi risalenti a primi del Novecento o addirittura all’Ottocento. E se tantissime sono le proposte a basso prezzo, non mancano i capi firmati, dal prezzo proibitivo, come i bellissimi caftani di Thea Porter, amati da celebrities del calibro di Kate Moss.

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Il vintage piace sempre più e tantissimi sono i siti specializzati in vendita di capi autentici vintage
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Oggi il vintage costituisce una fetta importante del mercato della moda

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Grazie ad internet acquistare capi vintage è diventato molto più semplice


L’americano ModCloth è un altro portale per nostalgici del gusto retrò: non capi autentici vintage ma rivisitazioni riuscite, per uno stile bon ton a basso costo. Il sito propone abbigliamento ed accessori anche per la casa, dal gusto delicato che profuma di antico: deliziosi i mini cardigan a pois e l’abbigliamento per la casa. Col cambio euro/dollaro favorevole lo shopping è ancora più divertente.

In una rassegna di siti vintage impossibile non citare 1stdibs: benvenuti nel tempio del lusso, qui si respira stile allo stato puro, declinato in ogni sua forma, dall’abbigliamento agli accessori agli oggetti d’antiquariato fino all’arredo per la casa. Gallerie d’arte mettono in vendita i propri pezzi esclusivi, mentre boutique di lusso propongono una vastissima scelta di capi vintage. Fashioniste, avvisate: sedetevi prima di passare in rassegna le preziose creazioni messe in vendita. Da Christian Dior a Madame Grès, da Paul Poiret a Chanel fino alle immancabili Birkin di Hermès: in questo portale per autentici gourmet dello stile sembra non mancare veramente nulla. Splendido alla vista, meno per le finanze. Ma cosa non si fa per lo stile.

Un abito Madame Grès Haute Couture del 1981, in vendita da 1stdibs
Un abito Madame Grès Haute Couture del 1981, in vendita da 1stdibs
Dior Haute Couture Autunno/Inverno 1948, venduto da 1stdibs
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Cappotto in velluto Paul Poiret Haute Couture del 1927, su 1stdibs
Cappotto in velluto Paul Poiret Haute Couture del 1927, su 1stdibs


Asos Market Place è l’angolo vintage del colosso ASOS e riserva sempre sorprese gradite: una selezione dei capi più interessanti delle boutique online di tutto il mondo, per uno stile easy dai prezzi contenuti. Le tante proposte strizzano l’occhio in particolare agli anni Ottanta e Novanta, per suggestioni grunge oggi quantomai attuali.

Vaunte è il sito dell’elite della moda: una rassegna esclusiva dei pezzi tratti dai guardaroba di addetti ai lavori. Stylist, designer, editor, PR delle maison più famose, creativi di moda ed esperte vintage di gran gusto vi prendono per mano portandovi alla scoperta dei loro armadi, ovviamente invidiabili. Di base a New York, Vaunte accetta solo soci. Per uno stile elitario.

Da Shop.Hers si inizia creando il proprio identikit in base alla taglia e ai brand prediletti: trovare il proprio soul mate in fatto di stile è facile in questo sito che mette in contatto persone dai gusti simili. Brand del calibro di Alexander Wang, Norma Kamali, Emilio Pucci, Dolce & Gabbana, Hervé Léger, venduti a basso costo, mentre vere e proprie vetrine si aprono sulle borse Chanel e sulla mitica Birkin di Hermès. Imperdibile.

Non solo moda, ma anche design per intenditori, da 1stdibs, come questi lumi gemelli risalenti al 1870
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Suggestioni optical nel tailleur Louis Vuitton in vendita su 1stdibs
Modello originale anni Ottanta in vendita da Rusty Zipper
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Abito anni Cinquanta proposto da Rusty Zipper
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Se amate gli anni Cinquanta e lo stile Rockabilly, Collectif è il sito che fa per voi. Con sede a Londra, il sito propone una vasta gamma di modelli ispirati agli indimenticabili Fifties. Gonne a ruota, suggestioni da pin up e una vastissima selezione di accessori, per un gusto impeccabile e sofisticato.

Rusty Zipper è la più grande vetrina online di capi vintage originali: una selezione vastissima, suddivisa per decennio, dagli anni Quaranta agli anni Ottanta, per abiti, capispalla, accessori e quant’altro. Il sogno di qualsiasi vintage addicted.

 Nasty Gal è uno dei portali vintage più amati: nato come vintage shop, nel 2006, si è poi ampliato, grazie ad un incredibile successo, fino a vendere nuovi brand, tra cui Edelman e Jeffrey Campbell. Proposte sfiziose per capi da sogno. Da non perdere.

Blazer Moschino in vendita da Nasty Gal
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Maxi gonna in lana patchwork Missoni vintage, in vendita su Nasty Gal
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Chiffon di seta e stampe floreali per il maxi dress Givenchy vintage, su Nasty Gal
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Caftano vintage online su Nasty Gal
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Unique Vintage è il luogo ideale per collezionisti ed amanti di moda vintage, dagli anni Trenta ai Cinquanta. Un tripudio di gonne a ruota, pois, quadretti vichy e stampe animalier, per una selezione interessante e un occhio di riguardo per le taglie curvy. Bellissime le proposte di costumi da bagno firmati Esther Williams. Per pin up contemporanee.

Come una pin up, col costume da bagno firmato Esther Williams, in vendita su Unique Vintage
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Quadretti vichy e gonna a ruota per il modello da perfetta pin up, Unique Vintage
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Direttamente dagli anni Trenta il lungo abito in chiffon di seta in vendita su Unique Vintage
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